40# 12 – Cosa dovrebbero avere in comune il design innovativo e le farfalle

Un grazie alla collega e amica Birgitt Becker

Rimettersi in discussione per rimanere competitivi in questa epoca non avendo più 20 anni.

Ascoltando questi racconti ci si può fare un’idea che la mia attività lavorativa sia stata spesa solo all’estero e di conseguenza che me ne fossi andato, non fossi più a Vicenza.

Ed è facile pensare una cosa simile, ma non lo è mai stato. Certo, ho avuto diverse esperienze all’estero come del resto abbiamo sempre operato qui a Vicenza e dintorni. Qui ho lavorato e vissuto e tuttora lavoro e vivo.

Ricevere alcune telefonate che esordivano sempre con “Dove sei ? Sei via? Sei qui in Italia?” mi ha dato modo di pensare, sia come persona che come professionista.

Ne è nato una sorta di sottile disagio… sembra che se non sei social, se non comunichi, tu non sia nessuno.

Sembra che sia l’apparenza a farla da padrone. Sicuramente vivere un po’ di più il territorio non sarebbe stato sbagliato, ma credo, viste le tendenze, che non sarebbe stato sufficiente.

Oggi tutto passa e si tende a vivere a una velocità indescrivibile, e il non essere social può anche farti sentire un po’ inadeguato o qualcosa di simile.

Io la chiamo la sindrome di Amazon, tutto in un click, subito, e qualche volta persino prima di subito.

Se parliamo della professione sembra che tutto si possa risolvere con il computer, che tutto si riduca a produrre render che dovresti sfornare a chili altrimenti sei arretrato, non sei più performante… ma arretrato rispetto a che cosa?

Ti rendi conto che il tuo modello, quello che hai sempre applicato, ovvero non essere invadente, non disturbare, pensare che se qualcuno ha bisogno di te ti chiama, viene fagocitato da un vortice che non è nemmeno semplice da definire. L’educazione rischia di passare per disinteresse, il non essere tanto social per essere sparito.

E come risolvere il quesito? Ho cercato di capire perché il mio cervello mi bloccava in determinati momenti. Per qualche tempo ho seguito un corso sulle neuroscienze, lezioni che illustravano perché e come lavora scientificamente il cervello.

Poi dopo questo corso ho partecipato a un seminario di 3 giorni sempre su queste tematiche.

Perchè ho deciso di seguire questa strada? Perchè ho fatto questa scelta. Cosa ha a che fare questo tema con la mia professione?

Per risolvere il quesito sopra riportato ho applicato un metodo che spesso uso nel lavoro. Ho cercato contributi da mondi diversi, ho come “mischiato diversi materiali”. Ho cercato di pensare in modo trasversale per cambiare il modo di vedere le cose e quindi il paradigma.

È stato fantastico e stimolante scoprire come il nostro cervello si comporta in determinate situazioni, e senza divulgarmi troppo su questi corsi, letture e video, ho scoperto che non c’è nessuna inadeguatezza se non riusciamo a stare alla velocità social che in qualche modo ci viene quasi imposta, semplicemente noi non siamo stati creati per vivere in questo modo, a questa super velocità, e soprattutto assoggettati e qualche volta schiavi di questa tecnologia.

La tecnologia è straordinaria, ma è solo uno strumento.

È il mio cervello che mi permette di tenere in mano il timone della mia vita, è con la mia matita che assolvo al mio scopo… sì perché devi, o meglio, tutti dovremmo avere uno scopo nella vita.

Il mio è quello di nutrire di significati la vita degli altri, aiutare le persone a vivere meglio attraverso l’uso della mia matita.

Io uso la matita per disegnare. La matita, attraverso il gesto della mano è direttamente collegata al cervello. Il tempo che impiega il gesto del segno ad arrivare al cervello è il tempo per la sedimentazione, è il tempo per capire il significato di tali cose, e riprendendo la tecnologia, questo tempo lo puoi avere anche usando una matita-penna elettronica su tavoletta… è il gesto della mano che a mio parere crea significato.

Credo non sia più sufficiente risolvere problemi, credo sia necessario anche parlare di significati e parlare di scopi.

Con questo esempio ciò che voglio dire è che dopo tutto il percorso fatto e le esperienze vissute, una volta che mi sono liberato dalle sovrastrutture che il mondo esterno produce e spesso ci carica sulle spalle, sono ritornato al punto di partenza.

Sono tornato a quando inseguivo le farfalle, e le ho inseguite per 40 anni, anche se a volte non me ne accorgevo.

design innovativo farfalle

La farfalla insegue una strategia evolutiva di successo. Fin dalla sua prima apparizione ottimizza il suo equilibrio con un minimo di materiale, crea una struttura unica e raffinata, che è fidata e funzionale, la quintessenza di Bellezza, Eleganza e Armonia. Tutto è in “balance”.

In ogni fase della sua metamorfosi, cioè dall’uovo al bruco, dal bruco alla crisalide, dalla crisalide alla farfalla, la farfalla insegue il suo ciclo esistenziale con un minimo di materiale, SENZA PERDERE LA SUA IDENTITÀ.

È qui che mi identifico.

Nell’idea del bello e di bellezza, del raffinato e nell’eleganza, idea che ho sempre ricercato, e mi identifico nel ciclo della metamorfosi che ho spesso vissuto e che continuo a rivivere quotidianamente, mettendomi in discussione pur non avendo più 20 anni, ma SENZA MAI PERDERE LA MIA IDENTITÀ.

Emozione: Tenere vivo il Fuoco che hai dentro sempre.

Lezione: Rimettersi in discussione e librarsi nel vento.

DEVI AVERE UNO SCOPO SE VUOI FARE DELLA TUA VITA UN CAPOLAVORO